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Angela Maderna racconta il progetto

Le Isole Fantastiche di Matteo Rubbi per AMACI

Angela Maderna

Telescope #9, maggio 2020

Ho sempre pensato che il lavoro di Matteo Rubbi portasse con sé una semplicità e una spontaneità estremamente poetiche. Qualche settimana fa, quando tutto si è fermato e online ha iniziato a impazzare la mania dei progetti digitali, mentre sprecavo inesorabilmente il mio tempo in uno di quegli interminabili scorrimenti su Instagram, a un certo punto mi colpisce un’immagine (la si trova postata sul profilo di AMACI): si tratta di un foglietto d’istruzioni scritte a mano e fotografato davanti al mare che recita “Disegnate la vostra isola con: matite, pastelli, pennarelli, pennelli, carboncino o con quello che volete! Costruitela con: creta, pongo, cartone, das, lego, stoffa o quello che più vi piace!”Un gesto semplice che rivela una forza inaspettata, fa sorridere e fa pensare alle parole di Pascoli: “È dentro di noi un fanciullino […] e senza di lui non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per il solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle”. Mentre siamo tutti costretti dentro alle nostre case, un artista, senza bisogno di gesti plateali, ma solo attraverso un invito scritto su un bigliettino è capace di risvegliare quel fanciullino e di sgravarci per un attimo dalla pesantezza di questo momento, permettendoci di viaggiare, nonostante la costrizione della quarantena, ovunque siamo capaci di andare con la nostra immaginazione, regalandoci un impagabile momento di sollievo e leggerezza, anche solo grazie alla consapevolezza che, sebbene il corpo sia costretto all’interno, la mente permette di arrivare dappertutto.Non si tratta di un’opera inedita o concepita per l’occasione, bensì di un lavoro che Matteo Rubbi (con l’aiuto di Cherimus, associazione di cui è cofondatore) aveva ideato per AMACI nel 2017, quando, attraverso un workshop, chiese a un migliaio di bambini e bambine delle scuole di disegnare la propria isola, per poi invitare i visitatori dei musei coinvolti a realizzarla con la plastilina, costruendo così un arcipelago coloratissimo in miniatura. Declinandolo alla contingenza, oggi il progetto viene riproposto per Instagram, dove vengono pubblicate le immagini delle isole inviate dal pubblico. Il concetto di autorialità e la sua messa in discussione attraverso il coinvolgimento del fruitore all’interno del processo creativo; la ricostruzione del mondo e dell’universo in miniatura, piuttosto che attraverso la scultura o la performance (si pensi per esempio a Mountains o ai Cieli di Belloveso in piazza Burri a Milano) sono certamente alcuni dei nodi centrali nella ricerca dell’artista, ma in questo contesto a essere preziosa è la spontaneità che attraversa molta parte del suo percorso (non si può non pensare a Ritorno a Solzaland, piuttosto che al Festival internazionale degli aereoplanini di carta).Per Matteo Rubbi non è dunque necessario alzare la voce per farsi sentire nel frastuono virtuale a cui stiamo assistendo, non ha avuto bisogno di ricorrere ad azioni mirabolanti, è bastata la semplicità, che è uno dei grandi punti di forza del suo lavoro, per riattivare quello sguardo di “serena meraviglia” (per citare nuovamente Pascoli) e di cui ora più che mai abbiamo bisogno.Per di più mai come in questo momento d’isolamento ci siamo davvero resi conto che “Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso” e mai come adesso, mentre formiamo “un mondo fatto di tante piccole isolette” (come dice il video che introduce questo progetto) sentiamo la necessità di essere parte del variopinto e poetico arcipelago di Matteo Rubbi, artista originario della provincia di Bergamo e che dedica questo lavoro alla sua città.

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